Miseria e povertà nella campagna brasiliana: il vecchio Heitor schiavizza la pronipote sedicenne Auxiliadora mettendola in “vetrina” dietro una stazione di rifornimento in cambio di qualche soldo.
Una banda di scavezzacolli capitanata da Everardo passa le giornate in un cinema abbandonato nel quale abusano di alcol e droga per poi sfogarsi in violente orge.
Ingiustamente bistrattato dagli utenti di IMDb (5.7 di media e brutte parole al seguito), Baixio das Bestas (2006) è invece un buon compromesso tra cinema di denuncia e cinema d’autore. Per quanto riguarda la prima declinazione il regista Cláudio Assis immerge l’opera all’interno di un contesto sociale limpido e doloroso, fatto di prepotenza, sottomissione, di un’atavica suddivisione dei generi: gli uomini lavorano, le donne scopano. Ciò non si discosta, purtroppo, da quanto avevamo potuto vedere con Iracema (1976), pellicola tanto rustica quanto ingenua ma che metteva in luce la sotto-vita di alcune prostitute brasiliane. Trent’anni dopo il cinema scorre nuovamente lungo queste terre arse, cambiano alcuni aspetti, ma il tempo, come dice l’incipit, ingoia tutto, annientando il futuro.
Per quanto concerne l’aspetto autoriale, invece, Assis sembra sapere il fatto suo rendendo il film ancora più denso grazie all’uso sapiente di accorgimenti tecnici che ingioiellano il titolo in questione. Già un doppio prologo, di cui il primo appare perfino scollato alla vicenda mentre il secondo si arricchisce d’uno splendido svelamento del campo visivo, è sinonimo di proprietà del mezzo, vieppiù che potremo assistere a ottime carrellate aeree di pregevole fattura che mi hanno ricordato Du Welz, in una prospettiva artistica quindi molto europea. Ma è in generale la capacità di cogliere l’immagine giusta dall’angolazione giusta che colpisce lo spettatore; Auxiliadora sotto un cono di luce, due uomini nudi su una diga, una puttana che balla sbronza, immagini potenti, visioni.
Raccontare di un tale sgretolamento morale avrebbe comportato il rischio di una deriva pruriginosa.
Quello che possiamo annotare è sì la presenza di scene e situazioni particolarmente violente, ma che filtrate dall’estro registico riescono ad acquisire un pudore quasi artistico, tanto che nella sequenza più brutale la mdp sposta il suo obiettivo verso il muro sul quale si affannano le ombre degli uomini intenti a stuprare una donna.
Se davvero si vuole indicare qualcosa che non va, allora potrò scrivere che non ho digerito l’esplicito (auto)riferimento alla settima arte con Everardo che puntando lo sguardo dritto in camera dice “nel cinema puoi fare quello che vuoi”, il metatesto si fa troppo pronunciato ed anche superfluo visto che l’immagine della sala abbandonata dove si consumano le nottate di baldoria è una convincente metafora di un cinema che in quelle lande desolate abitate da “uomini non più uomini” (così afferma un vecchio del posto) rischia la sua stessa esistenza. Bazzecole, comunque.
Alla fine un luogo in cui l’arte dovrebbe pulsare diventa un peccaminoso baccanale, la verginità viene strappata di dosso come un lacero vestitino mentre un incendio a cui nessuno sembra dar peso circonda il villaggio, almeno fino al prossimo acquazzone.
Non ho visto molti film brasiliani fino ad oggi, di sicuro, però, non ne ho visti di migliori.
Una banda di scavezzacolli capitanata da Everardo passa le giornate in un cinema abbandonato nel quale abusano di alcol e droga per poi sfogarsi in violente orge.
Ingiustamente bistrattato dagli utenti di IMDb (5.7 di media e brutte parole al seguito), Baixio das Bestas (2006) è invece un buon compromesso tra cinema di denuncia e cinema d’autore. Per quanto riguarda la prima declinazione il regista Cláudio Assis immerge l’opera all’interno di un contesto sociale limpido e doloroso, fatto di prepotenza, sottomissione, di un’atavica suddivisione dei generi: gli uomini lavorano, le donne scopano. Ciò non si discosta, purtroppo, da quanto avevamo potuto vedere con Iracema (1976), pellicola tanto rustica quanto ingenua ma che metteva in luce la sotto-vita di alcune prostitute brasiliane. Trent’anni dopo il cinema scorre nuovamente lungo queste terre arse, cambiano alcuni aspetti, ma il tempo, come dice l’incipit, ingoia tutto, annientando il futuro.
Per quanto concerne l’aspetto autoriale, invece, Assis sembra sapere il fatto suo rendendo il film ancora più denso grazie all’uso sapiente di accorgimenti tecnici che ingioiellano il titolo in questione. Già un doppio prologo, di cui il primo appare perfino scollato alla vicenda mentre il secondo si arricchisce d’uno splendido svelamento del campo visivo, è sinonimo di proprietà del mezzo, vieppiù che potremo assistere a ottime carrellate aeree di pregevole fattura che mi hanno ricordato Du Welz, in una prospettiva artistica quindi molto europea. Ma è in generale la capacità di cogliere l’immagine giusta dall’angolazione giusta che colpisce lo spettatore; Auxiliadora sotto un cono di luce, due uomini nudi su una diga, una puttana che balla sbronza, immagini potenti, visioni.
Raccontare di un tale sgretolamento morale avrebbe comportato il rischio di una deriva pruriginosa.
Quello che possiamo annotare è sì la presenza di scene e situazioni particolarmente violente, ma che filtrate dall’estro registico riescono ad acquisire un pudore quasi artistico, tanto che nella sequenza più brutale la mdp sposta il suo obiettivo verso il muro sul quale si affannano le ombre degli uomini intenti a stuprare una donna.
Se davvero si vuole indicare qualcosa che non va, allora potrò scrivere che non ho digerito l’esplicito (auto)riferimento alla settima arte con Everardo che puntando lo sguardo dritto in camera dice “nel cinema puoi fare quello che vuoi”, il metatesto si fa troppo pronunciato ed anche superfluo visto che l’immagine della sala abbandonata dove si consumano le nottate di baldoria è una convincente metafora di un cinema che in quelle lande desolate abitate da “uomini non più uomini” (così afferma un vecchio del posto) rischia la sua stessa esistenza. Bazzecole, comunque.
Alla fine un luogo in cui l’arte dovrebbe pulsare diventa un peccaminoso baccanale, la verginità viene strappata di dosso come un lacero vestitino mentre un incendio a cui nessuno sembra dar peso circonda il villaggio, almeno fino al prossimo acquazzone.
Non ho visto molti film brasiliani fino ad oggi, di sicuro, però, non ne ho visti di migliori.
non riesco a trovarlo..ah sono brazzz solito problema di account..infatti io ho cambiato l'impostazione messaggi sul mio..ciao amico carissimo
RispondiEliminaProva col titolo originale ;)
RispondiEliminaChe hai combinato con questo account??
ho combinato che non mi riconosce l'account di google,per cui o li mando da anonimo o nisba..infatti se noti sul mio blog ho cambiato impostazione ai commenti,e così non ho problemi..allora provo col titolo originale..ciao
RispondiEliminasembra promettente. non ho letto tutto il tuo commento, ma mi sembra realistico e amaro.
RispondiEliminasegno di corsa :)
Se lo guarderai penso che ti piacerà :)
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