Non vi dirò il mio nome. E non vi dirò la mia età.
Non vi dirò neanche quanto sono alto o quanto sono grasso. Non vi dirò dove sono nato e nemmeno dove sono cresciuto. Non vi dirò quante donne ho avuto o quante persone ho amato. Non saprete il mio conto in banca e neppure il mio numero di telefono, non vedrete mai la mia faccia, i miei occhi, il mio naso, le mie labbra. Non verrete a sapere nemmeno come morirò tra pochi istanti.
Scrivo perché non ho mai avuto altro, perché solo nelle parole ho trovato un rifugio, soltanto tra le righe ho sentito la fiamma ardente della vita, e solamente nella scrittura mi sono perso ritrovandomi in un vortice che chiudeva, che tornava e ritornava.
Ma le parole hanno un valore intrinseco, limitato, circuito. Non mi sono mai bastate, neanche adesso che sto per morire. È colpa del male fantasma che alberga dentro me e che mi tormenta da sempre, fa capolino nelle notti solitarie bagnandomi di dolore gli occhi, togliendo tutte le forze, anche quella di alzare lo sguardo. E così il male invisibile con cui ho forzatamente convissuto fino ad oggi, ha finito per rendere trasparente anche me.
Voi che camminate lungo le strade brulicanti di uomini, e non avete il coraggio di guardare negli occhi la persona che viene incontro rifugiandovi nel riflesso confortevole e sicuro di voi stessi sulle vetrine, voi che fate dell’indifferenza il carburante per macinare la strada che si distende ai vostri piedi investendo gli sguardi imploranti sui bordi dell’asfalto, voi che viaggiate restando fermi credendo di essere liberi nella libertà ed invece siete schiavi del suo finto luccichio, voi che scambiate il denaro con l’amore illudendovi di essere felici, voi che siete schiacciati dalla carica e annebbiati dal potere, a tutti voi, supplico di perdonare un uomo che ha perso la voglia di essere tale. Perdonate la sua rassegnazione, la sua testa china, la sua melanconia. Perdonategli il mal di vivere, perdonategli di essere nato. Abbiate pietà della sua inconsistenza, della sua nullità, del suo non-essere. Compatite la sua voglia di morire, e il suo morire per la voglia di morire.
Ma se qualcuno, leggendo queste righe, avrà sentito un brivido, un fremito impercettibile che lo ha attirato risucchiato coinvolto, allora, forse, nel più profondo del suo essere, nei meandri della coscienza, nelle zone imperscrutabili della sua esistenza, capirà che il fantasma non ero solo io.
Non vi dirò neanche quanto sono alto o quanto sono grasso. Non vi dirò dove sono nato e nemmeno dove sono cresciuto. Non vi dirò quante donne ho avuto o quante persone ho amato. Non saprete il mio conto in banca e neppure il mio numero di telefono, non vedrete mai la mia faccia, i miei occhi, il mio naso, le mie labbra. Non verrete a sapere nemmeno come morirò tra pochi istanti.
Scrivo perché non ho mai avuto altro, perché solo nelle parole ho trovato un rifugio, soltanto tra le righe ho sentito la fiamma ardente della vita, e solamente nella scrittura mi sono perso ritrovandomi in un vortice che chiudeva, che tornava e ritornava.
Ma le parole hanno un valore intrinseco, limitato, circuito. Non mi sono mai bastate, neanche adesso che sto per morire. È colpa del male fantasma che alberga dentro me e che mi tormenta da sempre, fa capolino nelle notti solitarie bagnandomi di dolore gli occhi, togliendo tutte le forze, anche quella di alzare lo sguardo. E così il male invisibile con cui ho forzatamente convissuto fino ad oggi, ha finito per rendere trasparente anche me.
Voi che camminate lungo le strade brulicanti di uomini, e non avete il coraggio di guardare negli occhi la persona che viene incontro rifugiandovi nel riflesso confortevole e sicuro di voi stessi sulle vetrine, voi che fate dell’indifferenza il carburante per macinare la strada che si distende ai vostri piedi investendo gli sguardi imploranti sui bordi dell’asfalto, voi che viaggiate restando fermi credendo di essere liberi nella libertà ed invece siete schiavi del suo finto luccichio, voi che scambiate il denaro con l’amore illudendovi di essere felici, voi che siete schiacciati dalla carica e annebbiati dal potere, a tutti voi, supplico di perdonare un uomo che ha perso la voglia di essere tale. Perdonate la sua rassegnazione, la sua testa china, la sua melanconia. Perdonategli il mal di vivere, perdonategli di essere nato. Abbiate pietà della sua inconsistenza, della sua nullità, del suo non-essere. Compatite la sua voglia di morire, e il suo morire per la voglia di morire.
Ma se qualcuno, leggendo queste righe, avrà sentito un brivido, un fremito impercettibile che lo ha attirato risucchiato coinvolto, allora, forse, nel più profondo del suo essere, nei meandri della coscienza, nelle zone imperscrutabili della sua esistenza, capirà che il fantasma non ero solo io.
bellissimo.
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