mercoledì 19 agosto 2009

Europa

Capitolo finale della trilogia europea trieriana iniziata con L’elemento del crimine (1984) e proseguita con Epidemic (1988). Al pari di queste due opere, Europa si presenta con una fotografia smorta costruita su un b/n che stinge nel grigio scuro. Roba strana, alla von Trier dunque.

La storia è quella del giovane americano Leopold che si trasferisce dallo zio nella Germania post-bellica perché spinto dal desiderio di fornire il suo contributo nella ricostruzione del paese natale. Lo zio gli trova un posto come addetto alle cuccette per la società ferroviaria Zentropa, di cui conosce la famiglia proprietaria invischiata in loschi affari con i Lupi Mannari, nazisti irriducibili che vogliono fronteggiare l’occupazione americana. Leo finirà in un grosso pasticcio.

Una trama così lineare viene raccontata dal regista danese in maniera talmente criptica da risultare a tratti esasperante. Non è solo la lentezza della vicenda che contribuisce ad allontanare lo spettatore, ma anche la forma complessiva che presenta particolari belli a vedersi ma superflui nella sostanza.
Mi viene in mente l’ipnosi (leitmotiv della trilogia). Quale è il motivo di quella voce fuori campo che simula una seduta ipnotica? Non ho risposta, se non quella di considerare la voce come un escamotage per risolvere alcuni impicci filmici.
Che dire poi della già citata fotografia… Troppo troppo tenebrosa, scura, è quasi fastidioso vedere il film senza mai staccare gli occhi. Per fortuna ogni tanto ci sono brevissime sequenze a colori molto riuscite e dannatamente ben girate (la mdp che riprende sott’acqua il vecchio che si taglia le vene regala allo spettatore un’immagine fantastica con il sangue rosso che si sforma nel liquido). Ma è troppo poco, non ce la fanno queste scintille ad illuminare il buio.

Mi pare di capire che un po’ tutta questa trilogia sia caratterizzata da una ricerca stilistica maniacale: nel montaggio, nel sonoro, nelle inquadrature. Ma manca di quel perno imprescindibile su cui quasi sempre si giocano le sorti di un film: il racconto. Non che Europa sia un film “muto”, ma quel che dice lo dice in maniera disinteressata, coinvolgente quanto un sussidiario di Storia. Probabilmente chi è dentro il mondo del cinema, e con esso si guadagna il pane da portare a casa, riuscirà ad apprezzare Europa molto di più di chi questo mondo lo vede soltanto dal di fuori, come me.
Il primo von Trier è didattico nel maneggiare la mdp, ma è così inesorabilmente freddo…

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