Proseguendo con il parallelo corto-lungo, sul versante argomentativo ci sono ancora dei punti di contatto con Dene wos guet geit. Partendo dal presupposto che la società occidentale ivi illustrata sia una società con serie difficoltà nell’allacciare dei legami, Schäublin intercetta un nodo della contemporaneità che, trovandoci nella prima decade degli anni 2000, era giusto agli albori. In una breve sequenza vediamo lui al PC che passa in rassegna quanto Internet può offrire, ma è solo quando incappa nella youtuber Lenny che la sua attenzione viene rapita. Sebbene non vi sia un’interazione tra i due, nemmeno virtuale, la figura oltre lo schermo della ragazza assume i connotati libidici di un desiderio, sì sessuale, ma forse non soltanto: facendosi forte della condizione di Anton, Schäublin fa intendere che il canale YouTube di lei sia la finestra su un mondo da immaginare sicuramente più attraente di un pallone calciato ogni giorno contro una parete. È l’amaro senso delle odierne vite iper-connesse, è l’illusione mediata da un dispositivo elettronico, certo la faccenda per via dell’epoca di riferimento è ante litteram però c’è, e il regista compie un ulteriore step intuendo la pervasività del mezzo con la questione del burqa, nessun sottotesto, nessuna denuncia e men che meno additamento, solo la testimonianza dei tempi che correvano e che, evoluti, corrono tutt’ora.
A Better Tomorrow
3 ore fa
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