venerdì 20 ottobre 2017

Montaña en sombra

Come oculatamente rimarcato sul sito di Lois Patiño (link), Montaña en sombra (2012) accentua attraverso un’ottica meditativa la microscopicità dell’uomo dentro la vastità del territorio montuoso, sotto questa luce, che per ossimoro è oscura, il videoartista spagnolo già assistente di Mercedes Álvarez nell’interessante Futures Market (2011) fa un buon lavoro: neanche fosse un novello Mario Giacomelli (lo ricorda sia se si pensa alla meravigliosa serie paesaggistica sia per quella dei Pretini), Patiño disidentifica l’umano che diventa macchiolina antropomorfa nel nitore accecante della neve, e allora formiche-uomo scendono e risalgono la montagna sotto l’algido sguardo di un cinema deificato in cui l’occhio di Patiño si fa satellitare, si fa Google Maps, lui è sopra, osserva dall’alto il brulicare delle persone sovrastate da un infinito che essi non potrebbero cogliere (/che noi non potremmo cogliere), si tratta, oltre alle guglie rocciose, delle ombre che le nuvole proiettano laggiù (/quaggiù), enormi coperte che scivolano e ammantano nel freddo ficcante del crepuscolo. Patiño insomma permette di immedesimarci nella sorgente visiva di “qualcuno” che sta molto in alto, cavolo: non capita spesso di potersi allacciare al nervo ottico di un dio.

E non è tutto: il lavoro del regista diventa ottimo quando ci si concentra sullo studio tecnico-cromatico che viene compiuto, le saturazioni di nero e le ulteriori manipolazioni che ignoro ma che intuisco (ad un certo punto un qualche effetto sulla lente fa sì che il complesso alpino… palpiti) donano un senso ulteriore a quello citato nel paragrafo soprastante, qui è un addentrarsi nel campo sensoriale e allora non si ha quasi più, “semplicemente”, l’inquadramento orografico di uno spazio in rapporto alla fauna umana che vi orbita intorno, l’Ombra e la Luce semantizzano una visione che può portare lo spettatore nell’oltre che caratterizza un certo tipo di settima arte con cui Patiño, nonostante la giovane età, sembra già essere in confidenza. È una faccenda di energie invisibili, di illusioni che eludono la realtà: il suolo si fa lunare, la neve alta marea di petrolio, ciò che è si trasforma attraverso l’esposizione registica e viene elaborato da coloro che assistono, piccoli esseri suggestionabili dotati di ricettori sensibili e sale di proiezione interne, perché, che serva da memorandum, il vero cinema è solo uno: quello che sboccia dentro di noi.

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