Come oculatamente
rimarcato sul sito di Lois Patiño (link), Montaña en sombra
(2012) accentua attraverso un’ottica meditativa la microscopicità
dell’uomo dentro la vastità del territorio montuoso, sotto questa
luce, che per ossimoro è oscura, il videoartista spagnolo già
assistente di Mercedes Álvarez
nell’interessante Futures Market
(2011) fa un buon lavoro: neanche fosse un novello Mario Giacomelli (lo
ricorda sia se si pensa alla meravigliosa serie paesaggistica sia per
quella dei Pretini),
Patiño disidentifica l’umano che diventa macchiolina
antropomorfa nel nitore accecante della neve, e allora formiche-uomo
scendono e risalgono la montagna sotto l’algido sguardo di un
cinema deificato in cui l’occhio di Patiño si fa satellitare, si
fa Google Maps, lui è sopra, osserva dall’alto il brulicare delle
persone sovrastate da un infinito che essi non potrebbero cogliere
(/che noi non potremmo cogliere), si tratta, oltre alle guglie
rocciose, delle ombre che le nuvole proiettano laggiù (/quaggiù),
enormi coperte che scivolano e ammantano nel freddo ficcante del
crepuscolo. Patiño insomma permette di immedesimarci nella sorgente
visiva di “qualcuno” che sta molto in alto, cavolo: non capita
spesso di potersi allacciare al nervo ottico di un dio.
E non è tutto: il lavoro del regista diventa ottimo quando ci si concentra sullo studio
tecnico-cromatico che viene compiuto, le saturazioni di nero e le
ulteriori manipolazioni che ignoro ma che intuisco (ad un certo punto
un qualche effetto sulla lente fa sì che il complesso alpino…
palpiti) donano un senso ulteriore a quello citato nel paragrafo
soprastante, qui è un addentrarsi nel campo sensoriale e allora non
si ha quasi più, “semplicemente”, l’inquadramento orografico
di uno spazio in rapporto alla fauna umana che vi orbita intorno,
l’Ombra e la Luce semantizzano una visione che può portare lo
spettatore nell’oltre che caratterizza un certo tipo di settima
arte con cui Patiño, nonostante la giovane età, sembra già essere
in confidenza. È una faccenda di energie invisibili, di illusioni
che eludono la realtà: il suolo si fa lunare, la neve alta marea di
petrolio, ciò che è si trasforma attraverso l’esposizione registica e viene elaborato da coloro che assistono, piccoli esseri suggestionabili dotati di ricettori sensibili e sale di proiezione interne, perché, che serva da
memorandum, il vero cinema è solo uno: quello che sboccia
dentro di noi.
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