martedì 29 novembre 2016

Ursus

La carta non scomparirà. Ma penso anche che non è così fondamentale il mezzo – che sia carta o qualcos’altro. Mi pare davvero che sia importante cosa si fa, non su cosa o con cosa. Nessuna delle mie illustrazioni viene consegnata sul classico supporto di carta. Io lavoro col digitale, e disegno su portatili e tablet.

(Reinis Petersons, il regista di Ursus [2011], da qui)

Nelle parole dell’animatore lettone Petersons c’è una piccola verità, ammesso che le verità possano essere piccole: un artista visivo del terzo millennio non può più prescindere dall’uso del digitale, questo vale per il live action (alla pellicola profetizzo un’aspettativa di vita intorno ai tre lustri, non di più, dopodiché con ogni probabilità subirà un normale processo di museificazione, ma di questo i bolsi spettatori non si accorgeranno nemmeno), e come ben si sa anche nel campo dell’animazione. Tuttavia un tale preambolo rischia di portare fuori strada perché Petersons ha disegnato il suo Ursus completamente a mano con carboncino e tante sfumature, tutte tendenti al nero. Certo è che se il corto in questione fosse nato dalla matita di un Aleksandr Petrov qualunque (mi si perdoni, ma è l’unico illustratore “classico” che conosco un po’ di più), il risultato penso che avrebbe avuto un grado inferiore di fascinazione. Ciò è dovuto al fatto che sebbene il processo creativo di base possa essere lo stesso del regista russo (neanche per sogno: Petrov usa una tecnica tutta particolare, voglio dire che ambedue non utilizzano CGI o diavolerie del genere), il registro estetico di Petersons vince per il proprio afflato moderno. Non c’è la tipica esplicazione del disegno né la pomposità scenica, al contrario troviamo sporcizia, imprecisione, continui sfarfallamenti e sbrodolii di tratto, il che capisco che non possa bastare per identificare come “moderno” un prodotto di animazione, ma i principi di un lavoro che si rivolge perlomeno al presente, dire al futuro è un’esagerazione, sono rilevabili, forse più a livello intuitivo che fisiologico.

Poi la storiella è quella che è e se l’opera non decolla lo si deve alla materia narrativa che porge il fianco alla derivazione. Più che altro sono i concetti ad essere già stati visti e uditi nel genere di riferimento, d’altronde un orso antropomorfo che non se la passa troppo bene tra il poco appagante lavoro al circo e l’utopia di una natura che possa riaccoglierlo sono stati parafrasati negli anni da all’incirca tutte le case di animazione del pianeta (non mi riferisco al caso specifico, piuttosto alla tendenza ad umanizzare l’animale, un giorno gradirei assistere ad un uomo animalizzato… meglio di no, la tv basta già di suo), e così pure il finale che si accoda al dogma della conciliazione col pubblico ubbidiente. Oh, però il tatto non manca e la partitura ha una flebile risonanza nostalgica. E l’orso, comunque, ispira tenerezza.

4 commenti:

  1. Dai un'occhiata a questo :)

    http://www.goodshortfilms.it/time/0-5/symphony-no-42

    p.s- sarei curioso di sentire un tuo parere approfondito su DSA, sicuramente tireresti fuori un capolavoro :)

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  2. Sì Symphony No. 42 è piuttosto "famoso" e lo si può trovare in buona parte delle liste sparse tra Mubi e IMDb sui corti animati, l'avevo visto a suo tempo... caruccio direi.

    DSA l'ho visionato una sera che ero molto stanco per cui non ho tirato fuori nessun capolavoro (come non ne ho mai tirati fuori del resto :) ), la prima riflessione che mi è venuta è che è il film che più si avvicina sia concettualmente che nella pratica a Leviathan, questo comporta dei risultati molto simili sul concetto di cinema applicato alla realtà e viceversa, ma sa giungere anche in zone diverse poiché il taglio è più artistico, geometrico, raffinato, ci ho visto anche qualcosa di Drawing Restraint 9. Sicuramente interessante, mi sono ripromesso di rivederlo in futuro e di scriverci qualcosa sopra. Grazie ancora per avermi dato l'opportunità di metterci gli occhi sopra!

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    1. ne hai tirati fuori eccome di capolavori, ma proprio al di la' del concetto filmico ( i tuoi racconti ne sono la dimostrazione più lampante) ! Anche se penso che il tuo pezzo migliore rimarrà sempre quello su Japon,hai catturato come meglio non si sarebbe potuto fare l'essenza di quel capolavoro assoluto...e da quando l'ho letta è diventato il mio film preferito all time *_*

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  3. troppa grazia Dries, e viva Japon para siempre!

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