Un ragazzo piuttosto
grandicello coltiva la passione della magia, nel frattempo la
vicina-sexy-infermiera lo assolda per animare il compleanno del
figlio.
Leggerezza scandinava,
usando una litote potremmo affermare che Istället för
abrakadabra (2008) non è male: il cortometraggio dello
svedese Patrik Eklund sa trasmettere un senso di gradevolezza che
appaga, e probabilmente tale piccola soddisfazione è figlia di
una struttura portatrice di limpidezza nei personaggi, i quali nella
loro monodimensionalità sguazzano che è un piacere, il
nostro; difatti per tutta la durata del film nessuno di essi cambierà
il proprio “modo d’essere”, nemmeno il padre cederà ad
un cambiamento, anche una volta constate le abilità di Thomas l’uomo
non mancherà di proferire al figlio due paroline ben poco
magiche come… centro per l’impiego. Stesso discorso vale
per la mamma (accondiscendente da e per sempre), la vicina di casa
(semplicemente la sventola di turno), e ovviamente per Thomas,
pennellone stralunato dal cuore di bambino, e l’ultima scena è
lì a confermarcelo. Questa caratterizzazione dei singoli non
diventa, per quanto ne potrebbe pensare qualche maligno,
un’arrugginita stereotipizzazione, Eklund riesce ad armonizzare il
teatrino caratteriale, così il fatto che lo spessore sia
latitante non pesa alcunché. Poi insomma non bisogna essere
particolarmente eruditi in materia per capire che gli ingressi
comici, sebbene quantitativamente esigui, siano efficaci e
l’indicatore migliore per misurarli è il sorriso che scopre
i denti di chi sta di fronte allo schermo; riuscito lo stacco in
ospedale appena successivo allo spettacolino casalingo, cosiccome il
flashback del fiore-assassino che tra l’altro evita al corto di
scivolare sul mellifluo, anche se la vera trovata che resterà
impressa nella mente dello spettatore è la formula magica di
Thomas che puntualmente viene travisata, da chimay in shemale.
L’unico interrogativo
che nasce dalla visione di Instead of Abracadabra non riguarda
l’opera in sé bensì la vetrina a cui ha potuto
accedere, francamente una nomination all’Oscar per un prodotto sì
caruccio e ben impacchettato ma comunque esile e dall’immediato
esaurimento, appare un’esagerazione: o in quell’annata vi fu una
tale penuria di corti da inserire a forza quello di Eklund, o per
l’ennesima volta dobbiamo fare i conti con l’AMPAS i cui
criteri di valutazione contemplano un concetto di qualità
leggermente diverso dal nostro.
1, 2, 3 e... 4
RispondiEliminaBeh, mi ha fatto ridere :-)
RispondiEliminaGrazie dei link, a presto buon uomo.
è il massimo che una minuzia del genere può fare :)
RispondiElimina