Bisogna mettersi
d’accordo: valutare Dennis (2007) isolatamente, come singolo
pezzo della filmografia di Mads Matthiesen, o considerarlo mattoncino
propedeutico a Teddy Bear (2012), lungometraggio d’esordio
che ritesserà le fila esistenziali qui appena toccate del
bodybuilder mammone interpretato da Kim Kold (vero culturista danese
che dal 2007 in poi ha scelto la strada del cinema). Nel dubbio
propendo di più per il giudizio slegato da un seguito che
probabilmente al tempo non era stato nemmeno messo in conto da
Matthiesen. E allora rendiamo noto qual è il concetto che sta
allo zoccolo di tutto e che si recepisce in men che non si dica:
iniettare il Siero dell’Umanità (e quindi un concentrato di
sensazioni che comprendono necessariamente l’amore) in un corpo
anomalo, un monte di muscoli e vene tipo superstrade che arano la
pelle glabra e tatuata, rendere dunque quest’uomo davvero un uomo e
non un involucro di rilievi pompati sull’orlo dell’implosione.
L’intento è lodevole e Matthiesen accentua la dimensione
emotiva del protagonista affiancandogli una madre che non ha ancora
reciso il cordone ombelicale; si fa così leva sul contrasto: la
personalità di Dennis non corrisponde all’imponente fisicità
che mostra sicché di fronte ad eventi puerili preferisce mentire (sia alla madre
che alla ragazza dell’appuntamento), e da qui le situazioni incresciose lo
portano a masticare (si presume) per l’ennesima volta il
boccone amaro della sconfitta lenita, come no!, dal ventre
materno sempre pronto ad accoglierlo.
Problema vero è
che l’idea-base, una volta intesa (e ciò accade da subito),
si esaurisce con rapidità e non lascia nulla di scoperto; la
fragilità di Dennis è sotto i riflettori del palco e a
film concluso ecco palesarsi l’insabbiamento teorico del
cortometraggio eretto su questa benedetta antitesi muscolo vs. cuore
che non appare particolarmente pregna, non foss’altro perché
oltre ad essa è arduo rintracciare un precipitato
soddisfacente, ed è meglio tacere, poi, sui riferimenti
paterni messi lì per instillare dello psicologismo edipico di
cui non si sente mai la mancanza. L’Idea è sempre
accettata con benevolenza, a volte basta lei da sola, altre volte c’è
bisogno che venga ispessita da una serie di componenti che una volta
giunti in fondo possano farci parlare di cinema a testa alta, ma temo proprio che
non sia questo il caso.
Il corpo,
RispondiEliminal'anabolizzante.