lunedì 27 maggio 2013

Silent River

Non sbalordisce l’ennesima proposta conflittuale (di conflitti interni, umani, ed esterni, dittatoriali, e nuovamente interni [nella nazione]) proveniente dalla Romania. Questa volta però non vengono sputate fuori le scorie sanguisughe della coscienza rumena, questa volta siamo trasportati in quel presente: è il 1986 e Gregor e Vali (Andi Vasluianu già visto nell’indelebile Bibliothèque Pascal, 2010) si organizzano per attraversare il Danubio a nuoto e introdursi così in Serbia clandestinamente. Con mezz’ora di tempo a disposizione la regista Anca Miruna Lazarescu sonda in Apele tac (2011) la paura dei due fuggitivi che fa rima con solidarietà, magari non esattamente sincera, tuttavia concreta e indispensabile per portare il piano a compimento. La realizzazione della fuga con tanto di preparativi (l’incipit) così come viene mostrata si comporta benino, piuttosto in linea con quanto era facilmente prevedibile, ma grazie all’introduzione del terzo personaggio acquista un moderato irrobustimento narrativo, e infatti: la donna squilibra il patto, permette un accenno di suspense (difficile però credere che il poliziotto si faccia gabbare in tale modo), e se non fosse per due sempliciotti dettagli come la gravidanza (intensificazione drammatica che vorrebbe significare “qualcosa” oltre la mera gestazione) e l’inopportuno scambio di battute tra moglie e marito, il finale, cuore (quasi) annegato del film ad un passo dall’apnea con delle belle riprese notturne sul pelo dell’acqua, avrebbe avuto un impatto maggiore perché meno romanzato, e l’alterazione si accusa anche in quella che è la chiosa conclusiva, una specie di morale che sta lì ad indicare di come una nuotata al chiaro di luna da una sponda all’altra del Danubio possa stravolgere l’identità (non solo quella sui falsi documenti): da perfetto sconosciuto a padre nel giro di un secondo.

Resta l’eloquenza: in Serbia l’antifona non cambia troppo, da una Romania iper-militarizzata lo stato confinante non vuole essere da meno, ad attendere i fuggiaschi due fucili tra le frasche e la parola libertà che è ancora un gusto lontanissimo dall’essere assaporato.

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