E comunque
Zafir un minuscolo pregio ce
l’ha, ed è ubicato nella sceneggiatura. Vedendo le amorevoli cure
dell’anziano marito nei riguardi della moglie disabile, mi sono
venuti in mente altri film che proponevano la storia problematica di
un rapporto coniugale in età avanzata, non molti a dir la verità,
ma sicuramente almeno tre: un corticino cipriota dal titolo Dead End (2013), un lungometraggio
islandese (Volcano,
2011) e un’opera asciutta e rigorosa come Amour
(2012), ebbene, tale triade ha in comune la scelta di concludersi con
un atto funereo (ed è di dominio pubblico il fatto che Rúnarsson e
Haneke abbiano usato il medesimo escamotage per la catarsi luttuosa),
una tendenza che vuole creare shock nello spettatore e che il
sottoscritto, soprattutto crescendo
invecchiando, non
riesce a digerire. Per cui temevo che anche El Zohairy si accodasse
al trend, c’erano i presupposti per dare al preambolo un gratuito
scioglimento mortuario, giuro, me lo sono aspettato fino all’ultima
ripresa di spalle dell’uomo, invece mi sbagliavo, per fortuna
quella che potrebbe essere definita una tensione non ha sfogo, o
perlomeno non ce l’ha sullo schermo, il che vale al regista nato al
Cairo una mini medaglia che gli appunto al petto, da lui, ora,
attendo qualcosa di più sostanzioso.
Civil War
11 minuti fa
Il suo ultimo lavoro “Feathers” è clamoroso!
RispondiEliminaAh sì? Si vedeva che c'era del buono in lui...
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