venerdì 30 aprile 2021

Estranhamento

Il personaggio muore dentro al film, l’attore che lo interpreta è accusato di esserne l’assassino.

Altro virgulto della fenomenale scuola portoghese, Pedro Cabeleira, classe ’92 e autore di un lungometraggio molto apprezzato dalla critica (Damned Summer, 2017), esordisce nel 2013 con il film-tesi Estranhamento, un intrepido omaggio alla categoria noir (“in ogni pellicola c’è una ragazza e una pistola”) retto dal tormento artistico di molti registi contemporanei: il metacinema. Sul versante thriller il lavoro di Cabeleira è dotato di una eleganza che suscita ammirazione trattandosi di un debutto, sembrerebbe che la lezione di Hitchcock sia stata metabolizzata a dovere tra intrighi e sdoppiamenti di personalità, a ciò si accoda inoltre una ricostruzione d’antan che crea un’atmosfera da hard boiled fatta di killer col Borsalino e tapparelle abbassate, l’ossequio, o forse più che altro una scelta formale, finisce dove inizia lo scheletro teorico dell’opera.

Ad una prima visione, lo dico, pare più caos che altro, i passaggi di Semblante (un nome su cui ragionare...) dal mondo della realtà a quello della finzione si consumano in continui e disorientanti ribaltoni, il che dà a Estranhamento una vitalità che tange l’anarchia. Rimettendo il giudizio complessivo ad una seconda proiezione (od anche ad una tua opinione, egregio lettore), l’epidermica impressione si attesta dunque su tali frequenze, l’incidere cervellotico del mediometraggio non ha infervorato il sottoscritto proprio dove Cabeleira si presume abbia posizionato il suo all-in, il defloramento della membrana diegetica (“sangrento”, sanguinoso, è la prima parola che udiamo) e la correlata fuoriuscita di materiale finzionale che si si mischia alla supposta verità mi sono piaciuti di più sulla carta che nella loro effettiva elaborazione. Attenuanti a gogò: a ventuno anni presentare un’attitudine del genere è assolutamente di buon auspicio. La stoffa sembra che ci sia.

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