domenica 10 aprile 2011

Nymph

È ormai evidente che il percorso filmico di Ratanaruang si sia via via distaccato dalla concretezza riguardante i primi lavori per approdare in territori onirici, sospesi, metafisici. Sempre meno storie ad ampio respiro ottenute grazie a procedimenti di intersecazione (il dramma dentro la commedia a sua volta dentro il crime), sempre più un restringimento del materiale, anche umano, trattato, segnando così un passaggio che va dalla materialità degli omicidi/traffici/mafiosetti thailandesi, all’astrazione completa attuata con una decontestualizzazione della cornice scenica che mai come in una labirintica foresta trova il significato di non-luogo.
Inestricabilmente legato a Ploy (2007), questo film ne segna la prosecuzione immediata e la naturale implementazione dei temi precedentemente toccati. Per Pen-Ek non è più una coppia in crisi, bensì una coppia che è già scoppiata, e riprendendo in esame il precedente film dove una ragazzina rompeva l’equilibrio precario dei due, qui, tale ruolo, spetta invece alla foresta che come un essere mastodontico inghiotte le anime erranti che la percorrono.

Ratanaruang addensa in quest’opera significati originari come mai aveva fatto prima, depositando segni dalla stratificata interpretazione. Un uccello moribondo come un cattivo presagio, l’albero, dalle sinuose protuberanze femminili ma anche dall’imponente morfologia fallica, un totem a cui bisogna chiedere scusa, un dio atavico che silenzioso osserva e forse punisce, morire e rinascere dalla terra, radici vontrieriani adibite a letto nuziale.
Il nuovo ermetismo del regista thai unito al vecchio vizietto di sconfinare spesso e volentieri nel sogno (il ritorno imprevisto dell’uomo), rendono Nymph argomento su cui non riesco a scrivere più di tanto. Cercare di ricondurre l’ora e mezza di girato ad un significato logico non è un’operazione vantaggiosa né per noi, che difficilmente ne verremmo a capo, né per il film stesso che procede più per suggestioni visive (e sonore!) che per contenuti solidi poiché al primo sguardo – ma anche al secondo – ciò a cui abbiamo assistito altro non è che una variazione sui problemi di coppia.
Il prologo e la locandina americana (credo) sono indimenticabili, il resto lascia dei dubbi.

6 commenti:

  1. Appena ho letto il titolo sono subito balzata qui visto che ho parlato spesso delle Ninfe nel mio blog.
    Sono davvero curiosa di vederlo.

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  2. Non sono esattamente le stesse Ninfe di cui parli tu, credo. Però è cinema di qualità e vederlo male non fa.

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  3. questo mi manda un sacco in fregola :)
    con Pen-ek dovrei riprendere il discorso iniziato tanto tempo fa, ma c'è il fattore tempo a mio svantaggio :)
    comunque, davvero ottima rece!

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  4. Dopo la laurA pensavo di fare un grande ritorno con commenti devastanti, ma ti sei salvato in coroner, perchè ho cominciato un nuovo corso di studi e un tirocinio...
    Ma prima o poi, a sorpresa, ti colpisco senza pietà ;P

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  5. Accidenti allora abbiamo la dott. miss. of Shadow! Congratulazioni! Vai tranquilla che è un periodo pieno anche per me, e il blog è inevitabilmente lontano dai miei pensieri.

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