mercoledì 21 luglio 2010

Lourdes

Se pensate che Lourdes sia un film contro la religione, pensate male.
Perché Lourdes è in realtà il film più cristiano dell’era moderna, una lucida preghiera alle sorti divine che implora nella sua impeccabile geometria, che denuncia grazie alla fragile etica smascherata, che rattrista per l’irreversibilità delle cose.
A prescindere dalle varie confessioni, le tradizioni religiose a cui l’uomo sente di appartenere e la religiosità ineffabile da cui il suo animo è pervaso e predisposto, lo aiutano in una ricerca (che a sua volta è un cercarsi) del mistero dentro lui, del sacro. Ma i dogmi, o più semplicemente il “sentire” la fede sono ormai degenerati in una ricerca che si allontana dall’ humana conditio, preferendo l’orizzonte materialista della profanità. Perciò l’obbiettivo svelatore di Jessica Hausner, novella Bernardette a cui dobbiamo credere, non si prepone di smontare la credenza in Dio, tutt’altro.
Poiché l’architrave del film è il miracolo avvenuto, allora è la speranza, e la fede in essa, ad essere il filo aureo che eleva la riflessione della regista austriaca. Ciò che si accusa è dunque quella deriva terrena, odiosamente sfarzosa nella superficialità degli oggetti in vetrina (da acquistare), che ha trasformato un luogo anonimo tra i Pirenei in una miniera d’oro.
Dove è il sacro? Non nel premio come miglior pellegrino dell’anno.
Dove è il mistero? Non dentro della comunissima acqua che al massimo migliorerà la diuresi.
Dove è la speranza? Non nelle condotte delle volontarie.

Ma questi tre spiriti hanno un luogo. Ed è Christine.
Lei sì che vive in un’attesa fatta di fiducia, a un auspicio non illusorio per cui è decisamente meglio Roma perché più culturale che l’insipida Lourdes, ad un desiderio di speranza in grado di sorreggerla. Quando i personaggi si chiedono perché un miracolo del genere sia capitato proprio a lei, non tengono conto del fatto che Christine odia – gli altri per la loro condizione privilegiata –, e ama – il bel poliziotto francese –. In una parola: è debolmente umana. Ha trovato la sua religiosità senza partecipare a messe che sembrano la succursale di Woodstock e senza palpare la superficie di una semplice roccia, piuttosto con la semplicità della sua condizione lontanissima dagli ori le ricchezze le sete, e tutte le altre cose meschine che si trovano a Lourdes.
Eppure, proprio quando ci si aspetta una definitiva svolta antropologica in grado di dare la giusta dimensione al concetto di religione, la Hausner, con la scena del ballo, inchioda letteralmente la speranza ad una sedia a rotelle che con rassegnazione sfila via dallo schermo.
Dio, ma non quello appiccicato sui santini o che pende dalle umide labbra di un prete, ha perso, perché prima di tutto a perdersi è l’uomo. Anche se un’esile Christine, e una messianica Jessica, ci dimostrano con Lourdes che la verità, qualunque essa sia, risulti totalmente “oltre” e “altra”, sebbene sia del tutto umana.

Sylvie Testud dona al suo personaggio una dignità che la fa apparire bella, non agli occhi ma al cuore. Ed è splendido, secondo me, il campo lungo nel quale viene immortalato, si fa per dire, il suo bacio. Nonostante nel film vi siano momenti più importanti, questo fa capire la delicatezza con cui la Hausner ha raccontato questa storia. Un tocco lieve, una preghiera sussurrata.

11 commenti:

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  2. Riscrivo perchè ho fatto un pasticcio...

    allora, molto bella la tua disamina, praticamente dicendo poco hai detto tutto, sono d'accordo quando dici che è un film religioso. Infatti lo è nel più profondo.
    Ma soprattutto quando parli di rasssegnazione ma anche dell'andare "oltre", quel trascendere che poi è umano anche (era difficilissimo riuscire a comunicare una cosa del genere, infatti la Testud penso che abbia dato un'interpretazione incredibile)

    Io però in genere non ho percepito delicatezza, anche la scena del bacio è ambigua, c'è una strana tensione che sembra presagire sempre il peggio (sarà una mia suggestione di fronte alla fotografia o proprio perchè nei campi lunghi li ho sentiti drammaticamente esistenzialisti proprio perchè l'uomo si fa piccolo).
    Sempre per non-delicatezza il finale è stracolmo di uno straniamento che arriva a livelli piuttosto crudi per riuscire a cogliere quella "leggerezza-trascendenza" (persiste il contrasto tra solitudine/indifferenza e materialismo/fede). Questo continuo mostrare attraverso un punto di vista opposto a ciò che è, alla lunga strazia. Quindi vince la fede cristiana, una fede che rifiuta il presente, che guarda verso il futuro senza che il presente sia beneficiario di alcun ottimismo, ed è la stessa fede che tutti i fedeli (ipocriti, di cui sanno ma non praticano il significato) hanno suggerito alla protagonista. Tutto questo paradosso lo trovo angosciante, se non a tratti cattivo, ma in maniera ben celata. Sono uscito dalla visione del film sconfortato e raggelato.
    Una menzione speciale alla crocerossina che canta "Felicità": è più agghiacciante della Carfagna quando parla di Berlusconi.

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  3. Forse è stato un po' infelice il termine "delicatezza" da me utilizzato. Frettolosamente m'è venuto di scriverlo, e l'ho scritto. Ma quello che tu dici lo condivido in pieno, soprattutto la cosa dei campi lunghi "dove l'uomo si fa piccolo", vero! E' un aspetto che avevo colto senza riuscire a metabolizzarlo.

    Il finale. Il finale è cattivo eccome. Al contempo, però secondo me, è anche lieve, accennato, alleggerito da tutta quell'angoscia che affiora e che comunque aleggia sin dall'inizio con quell'ave maria. Più che altro 'sta benedetta delicatezza è una coperta, una maschera che cela tutta la disumanità della storia. E non aver mostrato direttamente il male ma averlo filtrato tramite un tocco quasi angelico (sempre per me :)) è un'operazione che mi è piaciuta molto.

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  4. Gran bel film, uno dei migliori della scorsa stagione, "miracolosamente" in equilibrio nel trattare l'argomento!

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  5. Eraser: penso in questi aspetti così profondi probabilmente è tutta una questione di soggettività, io non ci ho visto nessun filtro, ci ho visto solo una cattiveria reale. E per l'appunto mi ha infastidito di più che questa cattiveria è come se fosse proprio naturale, silenziosa, perfettamente impregnata nell'etica e nella psicologia dei personaggi, riassume un pò questo concetto il pianosequenza del volontario che abbandona la protagonista non appena cade. Ma quello che più trovo disumano è proprio il concetto di "comunicazione" che rappresenta la Hausner che è veramente ed esclusivamente materiale, basta pensare al personaggio dell'anziana che ha nostalgia della Christine in carrozzina e si dimostra perfettamente consapevole del disagio che vive la protagonista tant'è che alla fine le sussurra qualcosa che noi non percepiamo, ma probabilmente neanche la protagonista percepisce perchè troppo coinvolta nella sua fede improvvisa, è questa rappresentazione che ognuno vive nel vuoto e che nessuno si comprenda, che nessuno riesca a condividere nulla, neanche la proprio felicità è qualcosa che mi ha dato molto da pensare, probabilmente nessun altro film prima lo aveva messo in maniera così evidente. Ed infatti se nel finale si guarda oltre lo sguardo di Christine ci si rende conto come quello che c'è attorno è drasticamente vacuo. E il fatto che la Hausner non ci dia neanche un primo piano, neanche una percezione più lieve tra le proprie figure e il proprio sfondo (le due figure sommerse nel vuoto nero) dimostra quanto anche quelle "cristianità" di cui si parlava sia un concetto da allegare più al messaggio in sè del film che all'occhio così distante della regista. Per questo come dice Christian è un film equilibrato, ma non con l'intenzione di essere un compitino, ma perchè la Hausner ha avuto l'umiltà ma anche la sofferente crudezza di rappresentare una verità che anche a lei "pesa".

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  6. Sì forse sarà una visione soggettiva (come quasi tutto del resto), comunque anche io ho avvertito una malignità di fondo, e quindi se i modi sono stati un po' differenti per noi due il risultato no.


    "E per l'appunto mi ha infastidito di più che questa cattiveria è come se fosse proprio naturale, silenziosa, perfettamente impregnata"

    Aspetta, quando parli di "infastidito" intendi in un termine per così dire positivo oppure nel significato originario?

    Sul fatto della comunicazione ti do ragione a schifo.

    ..."ma perchè la Hausner ha avuto l'umiltà ma anche la sofferente crudezza di rappresentare una verità che anche a lei "pesa"."

    Dici? Cioè, dici che la regista abbia sentito così tanto il film? Non lo so, boh, mi è sembrato tutto troppo calibrato, preciso, raffinato per farmi credere in un coinvolgimento emotivo della Hausner. Non è un difetto questo, solo una constatazione. Con più "sporcizia" (anche a livello estetico) avrei detto il contrario, ma così proprio non so. Ci ho visto di più un'illustrazione, un portare a conoscenza, qualcosa che però non apparteneva a lei. Sebbene, in ogni caso, un tema del genere appartenga a tutti noi, e quindi anche a lei.

    ? cazzo ho scritto... :/

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  7. "Infastidito" era in senso positivo, proprio perchè è reale.

    Sulla questione del coinvolgimento, è una questione difficilissima da esprimere e quello che hai scritto è il paradosso di quello che alla fine rappresenta la creazoine artistica. Io penso che un regista credo sia perfettamente coinvolto da quello che racconta tanto da conoscerlo perfettamente (al di là dell'esperienza personale), ma questo non significa che quello che alla fine vuole comunicare è una risposta, è un sentimento che scaturisce anche da un dilemma apertissimo come quello presentato nel film. La Hausner è atea e nelle interviste mi è parso di capire che non solo si meraviglierebbe che il suo film possa portare fede a qualcuno, ma soprattutto che le sue frequenti visite a Lourdes non le abbiano ridato fede.
    Io la prima volta che vidi il film non sapevo praticamente nulla di questo e pure ho sentito questo contrasto, che non è un lato negativo anzi, se non ci fosse questo taglio in più probabilmente non mi avrebbe lasciato un segno così. L'avrei assorbito in maniera più documentaristica. Per questo io non sono riuscito ad accettare il lato "cristiano" nonostante il film come abbiamo più volte ripetuto trasuda di questa fede quasi rigenerata, eppure ci sono tutte le caratteristiche per cui potrebbe benissimo essere un contromanifesto della cristianità. Per l'appunto è proprio questo distacco piuttosto feroce della Hausner che lascia un gusto ambiguo al film. Il distacco può essere una forma di espressione quanto una pennellata "romantica" non so se con questo sono riuscito a spiegarmi. ahah

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  8. Discorso interessante che credo possa essere affrontato con più competenza dagli addetti ai lavori. Noi possiamo procedere per ipotesi o intuizioni. Mi viene un esempio su questo tema con Von Trier. Nella trilogia E avevo avverito un distacco totale, quasi una forma di fastidioso manierismo, col procdere della sua carriera l'ho sempre più sentito all'interno delle sue opere (Dancer in the Dark, Dogville) fino all'apice distruttivo di Antichrist. E da tutto ciò ne ho ricavato una cosa: più avverto che il regista è calato dentro, è partecipe emotivamente e più il film mi piace.

    Come detto è tutto un ragionare su sensazioni (le nostre) perché magari l'opera che LVT sente maggiormente sua è, chessò, Idioti, tant'è però ritengo importante questa cosa dell'appartenenza o meno di un regista al film che fa.

    Sulla pennellata romantica rimango un attimo interdetto :D

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  9. "E da tutto ciò ne ho ricavato una cosa: più avverto che il regista è calato dentro, è partecipe emotivamente e più il film mi piace."
    assolutamente, ma dev'essere così, altrimenti non avrebbe alcun senso l'idea del film.
    Infatti "Hotel" sempre della Hausner è un film timido, il contrario di quello che è "Lourdes" e infatti non riesce nel suo intento.


    Von Trier ha detto:
    "Non ho nessuna scusa per Antichrist. A parte quella della mia assoluta fiducia nel film, il film più importante di tutta la mia carriera"
    diciamo che le tue sensazioni sono piuttosto obbiettive.
    I film non si capiscono si sentono soltanto, sono un'esperienza pernsonale e intuitiva. E le sensazioni vengono da qualcosa di non meno concreto delle parole.

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  10. ps: sulla pennellata romantica non fraintedere il termine nella sua accezione più comune, era intenso per lo più come tendenza artistica. Però è meglio se non ne parliamo più sennò non ne usciamo tanto facilmente XD

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  11. Ah, hai visto anche Hotel? Volevo buttarci un occhio, sì. Magari lo faccio.

    ... e sulla pennellata romantica chiudo :D

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