Come fosse una bambola, Valeria Marini al debutto, è la protagonista di una salmastra storia d’amore tra anguille e caprette, contesa da un bruto chiamato Furio (la garanzia nel nome), il quale farà ammattire il fratello gaio e il fidanzato Settimio.
Come fosse una bambola gonfiabile, Bigas Luna – di cui non ho visto nient’altro – sottopone la Valeriona nazionale alle imboscate sessuali del pocodibuono di turno, l’unico galeotto che indossa l’accappatoio anche in galera, disinteressandosi di quello che fa di un film la sua ragione d’essere. L’atrocità più irreale si consuma all’inizio quando nel parco acquatico Settimio uccide per sbaglio l’amico di Bambola e nella scena successiva vediamo la Marini disperarsi nel parlatoio della prigione per il suo Settimio. Ma quale accidenti di contatto hanno avuto i due? Noi non vediamo nulla che possa far intendere una qualche relazione post-morte dell’amico. Dobbiamo starcene che si sono fidanzati, probabilmente tra una dissolvenza e l’altra, ma questo è quanto (c’è di brutto da rimarcare).
La progressiva entrata in scena di Furio tocca ampiamente la soglia del ridicolo.
Giunto nella pizzeria i suoi infervoramenti sono quanto di più comico possiate immaginare (nono, molto di più di quello che state pensando), e una volta fermatosi in pianta stabile la vicenda precipita nell’inutilità con l’improbabile relazione tra i due. Ciò che dovrebbe essere torbido non lo è, né sordido o pruriginoso. La componente sessuale è scarica, tanto che le “scene di sesso” sono roba per bambini dell’asilo. Ma non tanto perché non si vede nulla di scabroso, piuttosto per una palese incapacità di Luna nell’esprimere eros attraverso la mdp, operazione comunque difficilissima a mio parere, che presumevo a ragione di non trovare in codesto film.
Bambola è semplicemente una manovra commerciale similare a Il macellaio (1998) in cui viene usato un personaggio dello spettacolo come specchietto per le allodole. La Marini uguale alla Parietti; credo che fondamentalmente alla gente poco gliene importi in una pellicola del genere della storia raccontata, viceversa delle poppe o delle chiappe delle showgirl interessa eccome. Alla fine la delusione si duplica: perché da una parte la pudicizia regna abbastanza incontrastata, e dall’altra, nell’attesa di vedere un lembo di tetta, bisogna sorbirsi un film che resta irrimediabilmente brutto.
Il cameo di Anita Ekberg, insieme all’ambientazione lagunare, risulta essere la sola nota positiva di Bambola.
Come fosse una bambola gonfiabile, Bigas Luna – di cui non ho visto nient’altro – sottopone la Valeriona nazionale alle imboscate sessuali del pocodibuono di turno, l’unico galeotto che indossa l’accappatoio anche in galera, disinteressandosi di quello che fa di un film la sua ragione d’essere. L’atrocità più irreale si consuma all’inizio quando nel parco acquatico Settimio uccide per sbaglio l’amico di Bambola e nella scena successiva vediamo la Marini disperarsi nel parlatoio della prigione per il suo Settimio. Ma quale accidenti di contatto hanno avuto i due? Noi non vediamo nulla che possa far intendere una qualche relazione post-morte dell’amico. Dobbiamo starcene che si sono fidanzati, probabilmente tra una dissolvenza e l’altra, ma questo è quanto (c’è di brutto da rimarcare).
La progressiva entrata in scena di Furio tocca ampiamente la soglia del ridicolo.
Giunto nella pizzeria i suoi infervoramenti sono quanto di più comico possiate immaginare (nono, molto di più di quello che state pensando), e una volta fermatosi in pianta stabile la vicenda precipita nell’inutilità con l’improbabile relazione tra i due. Ciò che dovrebbe essere torbido non lo è, né sordido o pruriginoso. La componente sessuale è scarica, tanto che le “scene di sesso” sono roba per bambini dell’asilo. Ma non tanto perché non si vede nulla di scabroso, piuttosto per una palese incapacità di Luna nell’esprimere eros attraverso la mdp, operazione comunque difficilissima a mio parere, che presumevo a ragione di non trovare in codesto film.
Bambola è semplicemente una manovra commerciale similare a Il macellaio (1998) in cui viene usato un personaggio dello spettacolo come specchietto per le allodole. La Marini uguale alla Parietti; credo che fondamentalmente alla gente poco gliene importi in una pellicola del genere della storia raccontata, viceversa delle poppe o delle chiappe delle showgirl interessa eccome. Alla fine la delusione si duplica: perché da una parte la pudicizia regna abbastanza incontrastata, e dall’altra, nell’attesa di vedere un lembo di tetta, bisogna sorbirsi un film che resta irrimediabilmente brutto.
Il cameo di Anita Ekberg, insieme all’ambientazione lagunare, risulta essere la sola nota positiva di Bambola.
devi essere giovane per perdere tempo co' 'ste cagate :D
RispondiEliminama perché? con tutta la roba bella che c'è e che non basta una vita a vederla...
Non credo tanto che l'essere giovani (perché lo sono abbastanza dati i miei 23 anni, o almeno credo di esserlo) porti a vedere quest'immondizia, piuttosto il tempo sì, e la necessità di occuparlo.
RispondiEliminaIl perché è questo: sai a quanta gente interessa di Tarr, Bartas, Kim Ki-duk, Tsai Ming-liang, ecc.? Pochetta. Sai a quanta gente interessa di Bambola, la Parietti, ecc? Molta, moltissima, lo vedo dalle chiavi di ricerca. Questa merda mi dà visibilità.
Un giorno sarò il re del mondo.
ottima risposta.
RispondiEliminasolo 23 anni? ne dimostri "politicamente" di più.
in bocca al lupo, il mondo attende il tuo avvento. :)
robydick hai ragione.. c'è così tanta bellezza al mondo che dedicare tempo alla bruttezza sembra uno spreco. Dico sembra, perché invece credo che debba essere in un certo senso rivalutata, in fondo è l'altra faccia della medaglia, quella più meschina, più sotterranea, ma da cui, in fin dei conti, siamo attratti, vuoi per masochismo, vuoi per poter dire (con alzata di spalle snob) "quanto fa schifo", vuoi per curiosità (sì, perchè no, anche per le chiappone della marini). Fatto sta che ci sta. E poi -tanto per fare del qualunquismo- l'orrida bruttezza ci incentiva a cercare la bellezza come una boccata d'aria, e quando la troviamo ha un sapore più intenso.
RispondiEliminaOvviamente a piccoli dosi, la bruttezza è veleno, per restarne immuni è meglio vaccinarsi e non strafare.
eraserhead, quando sarai il re del mondo hai il dovere morale di creare una catena anti-blockbuster con tutti i titoli più introvabili dell'universo!!!
vedo che ti sei messo a recensire film horror..ehhe..ciao caro..
RispondiEliminaE' vero quel che dici, che a molta più gente interessa film di codesto tipo che provare a interessarsi a un film dove magari è richiesto un po' più di "impegno", ma spero che tu non demorda e non ti rassegni perché di persone come te, disposti a guardare la vera bellezza il mondo è davvero a corto. E poi grazie a te ho scoperto molti film di cui non ne sapevo l'esistenza e anche se non sarai stra-popolare, sta di fatto che hai dei lettori assidui e interessati come te.
RispondiEliminaSembra adeguatamente trash... prima o poi me lo guarderò (assieme a Il Macellaio - ricovero in manicomio a seguire ;-)
RispondiEliminaL'intervento di Lara, come sempre condivisibile, mi ha ricordato un'altra componente importante: la curiosità. Sì, è importante. Perché è proprio una pulsione, benzina, carburante; sia in un film come questo che per un altro magari migliore.
RispondiEliminaIl tuo discorso sull'estetica è interessantissimo, ci penserò un po' su perché mi ha dato da riflettere. Per quanto riguarda la catena anti-blockbuster, temo che essendo, appunto, una catena, subirebbe un processo di massificazione per cui anche il titolo più astruso diventerebbe alla mercé di tutti. No, devo pianificare in altro modo il mio avvento (roby docet).
Alma è sempre troppo gentile nei miei confronti e quindi non le risponderò oltre :p.
A domani o dopo per un film... strano.