venerdì 13 ottobre 2023

Voices of Kidnapping

Non ho davvero niente da aggiungere al cospetto della verticalità di Voices of Kidnapping (2017), ma proprio niente. Vedete, la questione è presto detta: il cinema. In quattordici minuti. Punto. Di sofferenze, speranze, illusioni, ecco che cosa attraversa, che cosa essuda dal lavoro del canadese Ryan McKenna, perché qui si viene a sapere che per vent’anni il programma radiofonico Voces del secuestro, ideato e condotto dall’attivista colombiano Herbin Hoyos Medina, ha ricevuto e poi propagato nell’etere i messaggi di famigliari rivolti a persone loro care sequestrate dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, un’organizzazione guerrigliera di estrema sinistra, e nascoste, se non, ovviamente, uccise, nella fitta giungla. McKenna ha semplicemente attinto dall’archivio della radio estrapolando un paio di queste telefonate senza interlocutori per adagiarle su una base di immagini nemorali, laggiù tra liane e rampicanti, in una nebbia che è bruma, che è materica, e un incessante sinfonia di uccelli, grilli e altri animaletti umidi e misteriosi che ti bevono le gocce di sudore lungo il collo. Nelle voci ovattate della gente dall’altro capo del filo, nel lumicino quasi utopico a cui si aggrappano con tutta la forza che è rimasta, il sottoscritto, in un parallelo forse fin troppo fantasioso ma così è, ci ha visto la medesima sostanza di un segnale lanciato nel cosmo con l’intenzione di raggiungere qualcuno o qualcosa che lo recepisca. Ecco l’altezza, o la profondità, che il corto eguaglia: siderale, artesiana.

È il silenzioso trionfo della non-illustrazione, del rifiuto della didascalia, è un approccio che taglia il mare in due verso la verità, l’essenza, nella radice di ciò che ci caratterizza come esseri umani, entità biologiche di carne e cuore, mnemoniche!, incapaci di lasciar andare via, soprattutto se il distacco è coatto, repentino, magari nel bel mezzo di una notte: puff, sparito. E allora quanto sono lunghe tali notti? E dove sta la luce che ogni tanto sfarfalla tenue? Lo affermo ancora una volta con rinnovata consapevolezza: una settima arte che merita il nostro sguardo non ha bisogno di impostazioni artificiali, di scritture cervellotiche o di recitazioni teatrali, ci sono pletore di film ingabbiati dentro modelli arrugginiti che non valgono nemmeno un secondo di Voices of Kidnapping, lancinante testimonianza di come la realtà è già di per sé una narrazione, peraltro potentissima, e che le storie da essa veicolate si raccontano da sole, si trovano lì in un limbo amniotico e ad un regista, ammesso che possegga i mezzi e il tatto adeguati, basta poco per trasformarsi in cassa di risonanza aumentandone l’intensità, il colore e la temperatura. Non continuo oltre, ritorno alla mia vita, e la stringo forte.

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