mercoledì 14 febbraio 2018

Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi

Di sicuro il ritorno di Werner Herzog a ciò che sa meglio fare (o così si suppone) allontana il ricordo del dimenticabilissimo Queen of the Desert (2015) e, filmografia alla mano, ci si accorge che Lo and Behold (2016) è il primo documentario da cinque anni a questa parte (l’ultimo era stato Into the Abyss, 2011), un periodo di tempo parecchio lungo vista la rinomata prolificità del regista in questo settore. Se lo spettatore che si appresta a visionare l’opera sotto esame ha intenzione di domandarsi se qualcosa è cambiato nell’approccio alla materia cinema da parte di Herzog, il recensore (?) qui presente vi risponde subito: no, non è cambiato niente, quello a cui assisterete è un film che ha una traccia centrale (Internet), delle diramazioni ad essa connesse (le possibili esplorazioni marziane, lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale), la solita curiosità dell’autore (“Internet si sogna?”) e qualche parentesi ironica disseminata lungo il percorso (i monaci che spolliciano con il loro smartphone). Bene o male questa formula che struttura Lo and Behold è la stessa che Herzog utilizza da circa quarant’anni. Ma allora perché, ad esempio, un Paese del silenzio e dell’oscurità (1971) mi risulta ancora oggi un titolo nettamente più “forte” rispetto alle recenti produzioni?

Il quesito oscilla tra verità molteplici, è valido il concetto per cui mentre questo arzillo signore classe ’42 continuava a filmare in giro per il globo la realtà del cinema mondiale si è evoluta ed ha subito accelerate clamorose che lo hanno lasciato indietro e non di poco, ed è anche accettabile il punto valido un po’ per tutte le forme espressive in cui non è tanto rimarchevole il cambio (o la sua assenza) da parte dei cosiddetti artisti, quanto il cambiamento di chi ne fruisce, cioè noi spettatori, perché, e di ciò ne sono fermamente convinto, con il passare del tempo la propria sensibilità verso talune manifestazioni muta in modo irreversibile, quindi, senza escludere che se magari oggi rivedessi il film del ’71 sopraccitato potrei non ricavarne un’impressione altrettanto buona, quello che rimane di Lo and Behold è un lavoro manualistico, oserei dire scolastico in un’ottica dove gli elementi di interesse sono affrontati a mo’ di sussidiario saltellando da un tema all’altro, da uno scienziato all’altro, toccando sì varie tematiche orbitanti dentro e al di fuori della Rete ma con mano superficiale, quasi televisiva, infatti il doc non si discosta poi molto da alcuni programmi presenti su canali come Dmax o Focus.

Voglio un bene particolare ad Herzog, un bene immotivato o forse motivato da un rispetto per una vita che in passato faceva rimare l’avventura col cinema, e poco importava se la qualità non era mai eccelsa, adesso che sta praticamente svernando negli Stati Uniti dove inanella commissioni su commissioni, continuo a volergli bene ugualmente e in fondo zero me ne frega di quello che fa e non fa, ciò che almeno spero è che sappia di quanto ottimo cinema ci sia in giro e di quanto denaro in meno rispetto a quello da lui utilizzato ci vuole per farlo, e non pretendo affatto che Herzog proponga tale cinema, mi auspico solo che sia a conoscenza della sua esistenza, nient’altro.

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