Finalmente, dopo lunghi
giorni fatti di trepidante attesa, il Detective lo chiamò:
Signor Farfalli so tutto. Sapeva tutto. Dicadica Esimio. Allora: la
sua ex moglie ha una relazione con un’Ombra. Veramente il divorzio
non è ancora… un’Ombra… senta io, cioè, sì,
ho bisogno di sapere di più. Fanno altri 300 €. Non li ho.
Sfarfalli lei non ha mai niente! È un essere abietto che passa
le giornate ad ispezionarsi l’ano con l’indice incappucciato
nella carta igienica! Va bene… domani le farò il bonifico,
però la prego: voglio nome, cognome, indirizzo, ogni cosa.
Ogni cosa.
Ombre.
Il passatempo preferito
di Farfy era quello di aprire Google Maps e di paracadutare l’omino
arancione che sta in basso a destra sullo schermo in un punto
imprecisato del mondo, una volta, ad esempio, lanciato l’avatar
dalle parti di Sapporo, gli capitò di trovarsi in una spiaggia
ocra e ruotando l’immagine come se torcesse il collo vide un tizio
in Montgomery blu che lasciava le proprie orme sulla sabbia. Dopo la
telefonata con il Detective si affacciò alla finestra e
impastò nel palato un blob di catarro che espulse nel vuoto
sottostante, quel lungo filo giallo che terminava in un ovetto di
densa saliva verdastra era l’omino di Google Maps, era l’avatar,
era lui stesso proiettato sull’asfalto. Quella notte non chiuse
occhio, eppure sognò di essere un gambero d’acqua dolce che
viveva nella pozza oscura di una grotta millenaria, ogni tanto,
quando il sole filtrava dalle fenditure in superficie e illuminava la
parete del laghetto, poteva leggere queste antiche parole rupestri: E
SE I GIORNI E LE NOTTI CHE TI LASCI DISTANTI TI RITORNANO ADDOSSO CON
QUALCOSA DI NOSTRO.
Al mattino il gruppo di
WhatsApp dei non-amici era già pieno di tette e culi, allora
Farfallausen salì sul tetto della casa e tirò una forte
bestemmia contro quell’Ombra che immaginava copulare selvaggiamente
con l’ex moglie, sicché non gli rimase altra scelta che
balzare nel cesto della sua mongolfiera e sollevarsi in volo come una
lanterna cinese nel cielo adamantino. Mentre sorvolava un villaggio
di centauri che al passaggio dell’arcobalenico aeromobile
iniziavano a scalciare e a battersi il petto villoso con i pugni, il
Detective chiamò: Fharhfallhen so tutto. Sapeva tutto.
Dicadica Egregio. L’Ombra in questione… ha presente, no? Ecco,
lavora alla stazione di Milano Centrale. Aaaah maledetto, ha pure il
posto fisso il bastardo… voglio sapere dell’altro, voglio,
voglio, voglio! Fanno altri 300. Occhei.
Si stava dirigendo al
Lago Vomito perché comunque il Lago Vomito è un bel
posto. Già in alta quota poteva avvertire quel tipico odore
biliare che agguantava la gola e una volta ancorata la mongolfiera si
incamminò sul lungolago, era una giornata meravigliosa e due
piccoli fratelli siamesi attaccati per la testa costruivano dei
fantastici castelli di muco, poco più in là la lenza di
un anziano pescatore era tesa per via di un pesce fecaloide [1] che
aveva abboccato all’amo. Farfallus de Farfallis pensò all’ex
moglie come d’altronde faceva ogni istante della giornata e si
convinse che anche Lei, in quel momento, stava pensando a lui, era
logico, naturale, non c’era nessuna Ombra, sì c’era, ma
non era importante, lui era importante, il più importante, non
c’era spazio per altri, la verità era solo una: questa. Si
gasò. Lanciò un urlo che spaventò i fratelli
siamesi e che sconcentrò il pescatore, tolse i vestiti
mostrando la patetica nudità del corpo umano antisportivo: la
rincorsa fu goffa, il tuffo fece “blop” e sparì. Perché
il Lago Vomito lo accolse come accoglie tutti gli scarti, e così
scese a piombo nell’ammasso di bile e succhi gastrici, nelle pelli
di pomodoro e di mais non digerite, nella pasta in bianco
mangiucchiata e rimessa, negli ettolitri degli acidi alcolici
rimestati dal fegato, nei rivoli ematici delle emorragie interne,
nella melma biologica dell’umano, nel liquido di spurgo delle
nevrosi, delle dipendenze, delle malattie, della rabbia, degli amori
non più corrisposti. Farfallosos sprofondava piano, in estasi, e si fermò
solo quando arrivò sul fondo dove secoli e secoli di conati ne
avevano sedimentato il pavimento. Affianco a lui poteva scorgere la
mezzaluna di un UFO incastrato sul fondale e dentro la cupoletta intravedeva la mummia di un alieno efebico. Proprio in quel momento
drin drin Detective. Farfallovic!
Ho una grossa novità. Grossa. Dicadica Illustrissimo. La sua
ex moglie è incinta.
A quel punto, che non è
un punto normale ma è un pozzo, una cosa nera, brutta e
spaventosa, Farfallesky si sentì come quando gli umani
prelevano un canarino da dentro una gabbietta: lo stringono nel pugno e
quasi quasi sono tentati di stringere più forte per vedere
fino a che punto il cuore dell’uccellino sarà in grado di
resistere. Laggiù, nelle profondità vischiose del Lago
Vomito, MacFarfall si arrese e iniziò ad aspirare. Che cosa?
Tutto. Adesso voleva tutto dentro di sé perché per
riempire certi vuoti non c’è altro modo che ingoiare il
vomito planetario, e allora risucchiò l’inverosimile che è
verosimile: era il peso limaccioso della sofferenza altrui che si
depositava nel suo stomaco e che lo fece diventare una gigantesca
palla di sostanze gastriche in ebollizione, e cominciò a
sollevarsi da terra, e divenne una mongolfiera straripante di sbocco,
un avatar rimpinzato di rigurgito, e vide l’UFO riattivarsi con
intorno miriadi di pesci fecaloidi sbattere la codina escremenziale,
e ritornò a casa sospinto dal vento lasciando dietro di sé
refoli acidi e una pioggia di lacrime tristi, quelle che fanno
nascere i fiori negli interstizi dei marciapiedi. Atterrato
nuovamente sul tetto il globo-Farfalliño ebbro e dondolante si
avvicinò al parapetto e ciò che doveva accadere,
semplicemente, accadde. Con uno sforzo inumano ricacciò di
nuovo quel tutto che aveva dentro nel campo di pneumatici abbandonati
sotto il palazzo, e si creò un altro Lago Vomito perché
le cose stanno così, e questi laghi sono nomadi in quanto si
formano quando la gente sta male, e la gente sta male sempre,
dappertutto.
Quella notte Von Farfall
non dormì e non sognò niente perché non aveva
più sogni, l’Ombra glieli aveva uccisi. Alle tre di notte
inviò un SMS al Detective: domattina arriverò a Milano, mi porti
dall’Ombra, farò una strage.
Partì all’alba,
con il primo treno disponibile, insieme a lui tanti altri fantasmi
con un peso sulle spalle e tanti chilometri da percorrere. Mentre il
viaggio era un continuo tututump si assopì leggermente per
ritrovarsi in una stanza scura illuminata da una lampada sopra un
tavolino a cui era seduta la sua ex moglie. Lui le disse che era
sempre molto bella e che non era affatto incinta, lei rispose che
quello era solo un sogno e che nella realtà una piccola ombra
di tre mesi stava crescendo nella sua pancia. Si ridestò per
via di una brusca frenata del macchinista, per un attimo, sopra i
binari, era fluttuata una donna enorme, sferica, ma giusto un attimo
e poi era volata via oltre le colline.
Piacere io sono il
Detective. Piacere io sono Far-Fal-lyn. Non si piacquero. Il
Detective aveva una mano, un braccio finto e una profonda cicatrice
dalla nuca fino a metà labbro, Farfalleïn, beh, era
Farfallescu. Nel mare di persone vermicolari e lucertole in giacca e
cravatta i due si diressero verso il bagno vicino al primo binario,
sulla soglia il Detective sbarrò l’entrata con il braccio
finto e tirò su quello buono sfregando il pollice con
l’indice. 400 €. Ammazzerò quell’Ombra e riconquisterò
mia moglie e voleremo con un aliante sopra le foreste e gli oceani.
Sarà perfetto. Il Detective lo degnò appena di uno
sguardo perché aveva solo un occhio vedente, poi fece strada
tra i laidi cessi e accucciandosi per sbirciare sotto le porte fece
un “ah” di autoapprovazione quando trovò quello che
cercava. Era un bagno normale con le piastrelle impiastrate da numeri
telefonici che poi erano gli stessi delle chat di gruppo di WhatsApp.
Il Detective tirò la catena penzolante e una minuscola porta
si aprì affianco alla coppa, poi prese un Montgomery blu
sgualcito attaccato all’appendiabiti della porta e lo porse a
Farfallanson. Se lo metta, addio. La ringrazio Detective, mi
ricorderò di lei.
Il Signor Farfalli
gattonò sul pavimento zuppo di urina ed entrò nella
porticina che subito si richiuse alle sue spalle. All’inizio fu
buio, dopo anche, in seguito non fu più né buio né
luce, fu: Niente. E lui stesso non si percepiva nemmeno più
come tale, non sapeva nulla, non pensava nulla, non c’erano ombre,
era solo la Caduta Definitiva, lo spazio infinito che separa l’omino
di Google Maps dalla partenza all’arrivo. Venne svegliato dal verso
stridulo di un gabbiano appollaiato su uno scoglio, la spiaggia era
deserta e lui iniziò a camminare, il telefono gli vibrò
in tasca: APRI SMS: Detective: ma vede Signor F. lei adesso è
davvero di fronte a tutto, è dove ognuno di noi giunge
in un momento preciso della propria vita: sulla battigia di una
spiaggia giapponese solo e smarrito.
____________
[1] I pesci fecaloidi
appartengono alla famiglia dei pesci stronzei e i loro habitat
naturali sono i laghi d’origine gastrointestinale. Il colore varia
dal marrone scuro alla senape. Una volta ne ho visto uno.
dovresti farlo diventare un corto !
RispondiEliminaAttualmente sono in Giappone impegnato nella ricerca del Signor Farfalli. Lo hanno visto piangere sotto un ciliegio in fiore, quando sono arrivato c'era solo un vecchio sdentato con un cestino pieno di funghi bianchi. Non sarà facile ritornare indietro.
RispondiEliminaProva a cercarlo in un formicaio ^^
Eliminap.s- l'hai visto poi DSA ?
Non ancora, sono in un momento di cecità :)
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