giovedì 8 dicembre 2022

21 X New York

È possibile traslare su pellicola il magma emotivo che alberga dentro la popolazione di una delle più grandi metropoli del mondo, tipo New York? Probabilmente no, non è fattibile, e non c’entra tanto la geografia perché sarebbe complicato anche se si riprendessero gli esseri umani di un paesino sulle montagne, c’entra l’antropologia, se così si può dire, e l’ardua impresa di captare le vibrazioni sentimentali delle persone con lo strumento cinema in un film dalla durata limitata, e nel caso specifico di 21 x Nowy Jork (2016) alquanto limitata: settanta minuti. Però, insomma, ogni tanto capita che qualche impavido regista si imbarchi in missioni del genere e il nostro “eroe” odierno si chiama Piotr Stasik, polacco nato nel 1976 con una manciata di documentari in curriculum di cui con altissima probabilità non vedremo mai nulla (ma perlomeno registriamo una plausibile recidività: 7 x Moskwa, 2006), il quale si era recato nella Grande Mela per girare il suo film precedente Dziennik z podrózy (2013) e dove ha capito che c’era margine anche per fare quello successivo. Il numero 21 del titolo dovrebbe avere una duplice valenza: è ovviamente il secolo di riferimento in cui il documentario è ambientato ed è anche la quantità di soggetti che Stasik fugacemente illustra durante questo viaggio metropolitano. Quindi umanità dentro una precisa condizione temporale, è importante tenere a mente tale assioma durante la visione di 21 X New York, la natura del singolo e i connotati intimi che si porta appresso rapportati al periodo iper-veloce/connesso che qui si simbolizza nella metropolitana newyorchese, un’arteria che pompa senza sosta un sangue in preda ai più svariati stati d’animo.

Con un minutaggio così ridotto Stasik non riesce a soffermarsi granché sui personaggi che vuole raccontarci, questi tizi entrano ed escono dallo schermo con la medesima rapidità di uno sguardo che si dà ad uno sconosciuto seduto di fronte a te sulla metro, e se ciò era voluto l’effetto sortito non si può dire che abbia centrato il bersaglio perché come si diceva prima cogliere l’infinita complessità delle emozioni è pressoché impensabile, al contempo traspare una sincerità di fondo a cui non me la sento di voltare le spalle, no perché anche se in linea generale il precipitato del film era pronosticabile, ovvero che, seppur residenti in una delle città più popolose del pianeta, i suoi abitanti si sentono parecchio, ma parecchio, soli e perciò tentano di mitigare la solitudine con futili espedienti, nonostante la suddetta sintesi tematica, sfiorare la mestizia di ’sta gente non è poi così male forse perché “’sta gente” siamo anche noi, e allora dal ragazzino che si aggira a Coney Island cercando di rimorchiare qualche coetanea all’uomo di mezz’età che si è invaghito di un nerboruto spogliarellista passando per altre micro-storie ordinarie fatte della stessa materia di cui è fatta la vita, ci si può anche dimostrare accoglienti e prenderle nella loro effimera e sfuggente essenza. In aggiunta Stasik si lancia in qualche accento tecnico fatto di sfocamenti, inquadrature sporche e variegate che certificano le intenzioni di andare un pelo al di là del banale orticello, se molto manca in 21 x Nowy Jork, qualcosa, di contro, c’è.

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