Sporco è sporco
Canis (2013), o almeno lo è se viene raffrontato ad altri oggetti similari passati da queste parti come
Oh Willy... (2012) ed
Edmond (2015) che condividono con il lavoro del duo spagnolo Marc Riba e Anna Solanas un approccio allo stop-motion “homemade” bello estroso (come del resto è da tradizione), anche qui materiali quali il feltro e la lana addobbano i pupazzetti in scena nonché la scena tout court. La sporcizia sopraccitata si enuclea in un’atmosfera davvero plumbea, un po’ post-apocalittica se non proprio romeriana (al posto degli zombie ci sono dei rabbiosi cani randagi), e da alcuni tocchi di crudeltà che rabbuiano il tutto (l’anziano che cade dal tetto per finire letteralmente disossato dal branco), di
Canis non si può certo dire che sia un corto solare e di ciò alla coppia registica bisogna riconoscerne i meriti (anche la componente sonora divisa tra l’iroso abbaiare e delle distorsioni elettriche ne amplifica la cifra dark). È evidente però che la “lordura” con cui abbiamo a che fare non ha una profondità, è patina, niente si scardina o impressiona, ok, si osserverà, il contenitore non permette troppo: giusto, tuttavia è doveroso per chi scrive evidenziarlo.
Che poi ci sarebbe anche nel plot un macro-evento dall’aroma sovversivo
(sempre nei confini dell’animazione ovviamente), ossia il congiungimento
carnale tra il protagonista e la donna-cane. È l’episodio centrale che attira a
sé la narrazione (quanto vediamo [l’assedio canino, la vita resistenziale] è
una preparazione all’irruzione dello strano essere nella casa) per mutarla,
capovolgerla, dopo il parto infatti il ragazzo si stringe al petto il
figlioletto ed esce ad affrontare il mondo armato di spranga, il lungo
asserragliamento nell’abitazione rimane alle spalle. In tema di racconto
ci può stare, è un cambio di ritmo e prospettive che ribalta l’assunto iniziale
anche con un pizzico di degenerazione (l’amplesso in fondo è... bestiale), ma è
sufficiente a scalfire l’animo dell’esperto cinefilo con un lungo cv di
visioni? Ahimè, non credo proprio.
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