Indubbio che la rivelazione conclusiva getti una luce differente sulla pellicola, c’è subito da dire che il supposto cambio di prospettive è ben lontano da essere un escamotage innovativo (penso che la lista di registi che si sono giocati una carta simile sia davvero lunga), tuttavia la scossa che somministra alla narrazione è tale da rimettere in discussione ciò che si è visto fino alla scena della fuga tra i boschi con il figlioletto. È plausibile che ad una riflessione ex post si possano rintracciare degli indizi che enucleino i confini dimensionali del veduto (laddove le due dimensioni non sono altro che Realtà & Finzione), ad esempio è riscontrabile di come Vi si lamenti di impersonare ruoli di poco spessore nelle soap-opere televisive ed ecco che invece con il plongée finale si suggella per lei il passaggio in un cinema maggiormente impegnato. Il confine tra fiction e non-fiction è pertanto precario e vivacizza la faccenda al punto di permettersi qualunque sterzata, anche ragguardevole, si veda la chiusura nella roulotte che è sostanzialmente la celebrazione dell’Attrice, la questione della plastica facciale appartiene alla sceneggiatura, per rientrare in sé basta tirare una riga di rossetto sullo specchio. Ciò può alimentare dubbi sulla figura del santone che sembra essere trasmigrato dal film al suo esterno (indossa anche gli stessi abiti), ma rientra nel gioco di Ratanaruang, dati da interpretare liberamente, per chi ne avrà voglia.
Duse – Pietro Marcello
47 minuti fa
Nessun commento:
Posta un commento