venerdì 30 luglio 2021

Everlasting Love

A tratti bruttarello, a tratti un po’ meno, Amor eterno (2014), il secondo lungometraggio del barcellonese Marçal Forés, comincia da un cliché a dir poco logoro: il carismatico docente, in questo caso di lingue orientali, seduce il discente timido e taciturno, la relazione che si crea (se così può essere chiamata) è in voluta contrapposizione con il titolo ed il correlato incipit in cui si affronta (per la prima e ultima volta), in un segmento effettivamente slegato dal resto, la tematica dell’amore e della sua possibile o implausibile eterna durata. In quanto accade dopo non c’è amore, c’è, al massimo, desiderio, perversione, smania, tutti elementi che Forés concentra in un boschetto (dovrebbe essere un’area del Montjuïc se ho ben capito) e dove registicamente parlando sembra trovarsi a suo agio, gli uomini che si aggirano furtivi ma ebbri di piacere tra le frasche ricordano per forza di cose le anime perdute de Lo sconosciuto del lago (2013) mentre ad una visione più generale pare che Forés abbia ammirato e apprezzato l’opera di João Pedro Rodrigues (l’immagine di un tizio nudo prono sull’erba è un’istantanea-simbolo che lo ricorda), chiaro che la classe di Guiraudie e del collega portoghese sono chimere irraggiungibili, rimane però il tentativo di estetizzare un peccaminoso limbo di solitudini con una forma che può possedere dei piccoli motivi di interesse, nulla che faccia trascendere, solo l’apprezzabile sforzo nel creare un’atmosfera non subitaneamente leggibile.

Mettendo un attimo da parte il clima che Forés è riuscito ad effondere (merito anche di oblique distorsioni musicali), emerge una modestia di fondo che sfoca non di poco l’impronta stilistica. Mi è parso in stretta sintesi che non ci sia nulla di stimolante sotto la cortina visiva, anzi se andiamo a riflettere sullo schietto intreccio ci si rammarica di aver puntato lo sguardo su Everlasting Love, l’avvicinamento tra Carlos e Toni è manualistico, schematizzato dai netti ruoli interpretati, in aggiunta la ramificazione thriller, scandita dalla presenza di altri studenti alquanto strambi, è l’infarcitura che non sfama, infatti la deriva splatter che si manifesta nel finale non ha convincente attinenza con l’argomento portante, risulta più che altro un colpo ad effetto per impressionare la platea, operazione fallita perché siamo abbastanza scafati da non cadere in trappolette del genere. Comunque, per quanto possa essere utile all’umanità intera, devo ammettere che partendo con l’idea di massacrare il film in oggetto sono finito in una grigia zona di biasimo, con qualche riserva.

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