Sempre e
solo giovani al centro del proprio progetto per Eduardo Williams, non
ragazzi qualunque, sebbene sì, in un certo qual modo lo siano,
ventenni o giù di lì che vagano, che si spostano in freddi e
indifferenti contesti urbani, di loro non sappiamo mai nulla, le
informazioni che riceviamo vanno estrapolate da un tessuto
estremamente reale, in
El ruido de las estrellas me aturde
(2012) il massimo che riusciamo a carpire è che alcuni di essi
vivono insieme in una casa molto disordinata, se al regista argentino
premeva dare un quadro dello smarrimento esistenziale dei suoi
coetanei, con i lavori pre-
The Human Surge (2016) credo ci sia
riuscito egregiamente, dei tre visionati dal sottoscritto
Tan
atentos (2011) rimane quello dal tono minore,
Pude ver un puma
(2011) la vetta mentre il corto sotto esame il più criptico del
lotto. Williams si incunea come suo solito nel continuo bighellonare
del gruppetto, ascolta discorsi astratti e indipendenti, tipo la
riflessione sul peso delle blatte morte sulla Terra o il fatto che
alcuni alberi rilascino una particolare sostanza acida, un filo
conduttore razionale e narrativo non è presente, il che, per quanto
mi riguarda, è da accogliere con sobria felicità, è qui che entra
in gioco la levatura di un autore seppur in erba, Teddy ha trovato un
suo taglio formale che gli permette di portare avanti un personale discorso sul cinema, a prescindere da ciò che riprende.
Parlo di
alta riconoscibilità, mi basterebbero cinque minuti ormai per capire
se sto guardando un film di Williams oppure no, e questo è un
attributo che alcuni registi non raggiungono nemmeno dopo un’intera
carriera. Su El ruido...
potrei citare la scena finale ai piedi del tronco peloso con
successivo super zoom su una formica come sequenza precorritrice del
“famoso” formicaio ne El auge del humano,
a testimonianza di una continuità che si ripercuote anche nelle sue
manifestazioni ridotte. Il mio invito è però di non soffermarsi sul
dettaglio (per rovescio la primissima ripresa del mare dall’alto si
disallinea dalle usuali vedute del porteño) ma di allargare lo
sguardo per cogliere la totalità e la complessità di un’opera in
stretto dialogo con la filmografia a cui appartiene. Il rumore delle
stelle ammetto di non averlo udito, lo stordimento, invece, si è
fatto sentire eccome.
Nessun commento:
Posta un commento