giovedì 16 luglio 2020

A Brief History of Princess X

Giovane e promettente virgulto oramai fattosi registicamente uomo (è di recente uscita il suo primo lungometraggio: Diamantino - Il calciatore più forte del mondo, 2018), Gabriel Abrantes ha girato una ventina di corto/mediometraggi che ne hanno sancito, a quanto si dice, lo status di autore dotato di una ragguardevole vena creativa, chi scrive non può né confermare né dissentire perché a parte Palácios de Pena (2011), oggettino intrigante che merita attenzione, la ricerca degli altri lavori di Abrantes si è finora rivelata infruttuosa, nel mentre ci si può consolare con questo A Brief History of Princess X (2016), uno short-film veramente short (giusto quattrocentoventi secondi) che tratteggia la vicenda dello scultore rumeno Constantin Brâncuși e della sua scultura Princess X, una sorta di grosso fallo dorato che era in origine la riproduzione marmorea del busto di Marie Bonaparte. Pur sfuggendomi dei possibili collegamenti con le opere precedenti del lusitano-americano, si evince una simpatica vitalità di fondo nell’esposizione di tale episodio storico, è Abrantes stesso che fa da narratore esterno prendendosi quella confidenza che gli serve per staccarsi da una ricostruzione sofisticata, il tono è colloquiale e divertito laddove il divertimento è in primis del regista che con uno storytelling a tratti diegetizzato vivacizza (e non di poco) la sequenza di scenette (e quella di Marie con la fisima del clitoride troppo lontano dalla vagina si rivela la più spassosa) che ruotano attorno al bizzarro manufatto aureo.

Ma perché viene da definirlo “bizzarro”? Il corto, al di là della dignitosa confezione e degli amabili segmenti, pone un interrogativo su quale sia la percezione dell’arte da parte del fruitore, e si tratta di un atto svolto con un minimo di cognizione di causa perché Abrantes è anche pittore e perché in fondo anche il cinema può suscitare un vasto spettro di stimoli. Quello a cui assistiamo è un po’ il protocollo standard di ogni esemplare artistico capace di creare trambusto: alla base c’è sempre l’estro del demiurgo che inventa, che crea, e che subisce l’influenza del mondo che lo circonda (ecco, forse, del perché viene sottolineato in maniera così evidente il chiodo sessuale della pronipote di Napoleone), e poi c’è il pubblico, l’ultimo anello della catena, le cui reazioni possono divergere in un attimo, dall’immediato interesse al successivo spregiamento (arriva Duchamp e via a correre davanti all’orinatoio) fino ad uno scherno che però non va inteso in modo così negativo, è emblematica la scena del ragazzino con il selfie-stick che compie un gesto comune, di quelli che facciamo tutti, dove ciò che non si comprende, forse perché in fondo in fondo spaventa, viene deriso, sbeffeggiato, deprezzato, ma non c’è alcuna morale né alcun additamento da parte di Abrantes, anzi, lui se la ride!, e anche a noi, sempre con rispetto verso l’arte, un sorriso ce lo concediamo.

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