mercoledì 27 maggio 2020

Fragments

C’è un’incontrovertibile evidenza in Fragmenty (2014), ovvero che la regista Agnieszka “Aga” Woszczyńska ha voluto creare un rimpallo estetico-emotivo tra lo scenario ripreso ed i sentimenti ormai ai tempi supplementari di una agiata coppia polacca. La ricorsività ambientale degli interni abitativi (sia la casa dei protagonisti, sia quelle che la donna mostra ai propri clienti) proietta sul e nel film stesso un’atmosfera da astronave smarrita nelle profondità dell’universo: non c’è calore in questi spazi grigiobianchi, luoghi regolari e autoptici che arrivano, probabilmente, dagli sguardi spietati di Haneke e Lanthimos. Non male quindi la paletta di colori sbiaditi che compone il quadro esterno e, di riflesso, anche quello interno: il malessere della moglie è tale: apatica e umorale, nervosa e glaciale, a partire dal suo aspetto fisico, quasi fosse un’albina (esattamente come il marito), per proseguire con i comportamenti che tiene, verso il coniuge e verso gli altri (la chiusura del corto è proprio dedicata a ciò, ad una piccola esplosione viscerale immediatamente sedata dall’igloo che ingloba entrambi). Certo è che: quante relazioni in disfacimento ci ha mostrato il cinema nel corso della storia? Una moltitudine incalcolabile penso, ne deriva che, manco a dirlo, se si voleva lasciare davvero il segno sarebbe stato necessario un approccio alla materia di ben altro livello, cosa un po’ complicata per una semi-debuttante.

Ma vabbè, Fragments, che a quanto pare rappresenta il “graduated film” della Woszczyńska, può farci interrogare proprio sul significato del titolo, infatti i frammenti citati oltre ad essere quanto rimane del rapporto sentimentale sono anche il metodo di trasmissione adottato nella narrazione, non c’è una precisa linea consequenziale ma una serie di scenette adibite ad evidenziare il distacco incolmabile tra gli sposi, la limpidezza non è garantita (il segmento all’interno dello strip club, realtà o sogno?) ma si comprendono comunque le intenzioni perseguite, allestire una sfaccettata idea di crisi mostrandone i relativi disturbi: la noia (sul divano davanti alla tv), l’invidia (verso la felicità delle altre coppie), la routine (le sedute di jogging), i sospetti (le domande sulle prostitute). Ancora: non vi è granché di sconvolgente nella suddetta analisi relazionale, diciamo che il tatto generale riscontrabile in una forma elegante e coerente con il tema di interesse non provoca forti avversioni, per la memorabilità ripasseremo un’altra volta da Agnieszka Woszczyńska.

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