mercoledì 5 giugno 2019

El Senyor ha fet en mi meravelles

El Senyor ha fet en mi meravelles (2011) ha fatto parte di un progetto patrocinato qualche anno fa dal MACBA di Barcellona in cui era stato chiesto ad alcuni registi sparsi per il globo di intraprendere tra loro una corrispondenza epistolare in forma audiovisiva, non ho trovato informazioni precise su come e perché siano state formate le coppie adibite a scambiarsi le “lettere”, fatto è che Albert Serra ha inviato la sua missiva a Lisandro Alonso e lo stesso autore argentino ha replicato in egual maniera al catalano. C’è una differenza di forma tra le due opere perché il lavoro di Alonso che si chiama Sin título (Carta para Serra) (2011) è un cortometraggio di ventitre minuti mentre la risposta di Serra di minuti ne conta centoquarantasei e non di così facile assimilazione, resta comunque un comun denominatore poiché in ambedue i film i registi toccano in qualche modo i loro rispettivi lungometraggi di debutto e quindi La libertad (2001) per Lisandro e Honour of the Knights (2006) per Albert. Si diceva di una non così agevole visione perché El Senyor ha fet en mi meravelles richiede molto impegno da parte dello spettatore che deve fronteggiare una pellicola impostata come se la mdp fosse capitata per caso lì nella Mancia e sempre per caso si fosse messa a riprendere i discorsi e i silenzi della troupe in procinto di girare la sopraccitata opera del 2006.

Il film in questione è pressoché costituito esclusivamente da piani fissi molto lunghi (ho contato solo una rotazione laterale sul cavalletto) dove i futuri Sancho Panza e Don Chisciotte insieme allo sparuto staff gironzolano sul set che di lì a poco li vedrà protagonisti. Trattandosi di Serra però questo non è affatto un “making of” o qualcosa di simile, anzi un aspetto che più si distingue è che la materia cinema, una materia che ci si aspetterebbe affrontata di petto, viene invece accantonata preferendole un flusso di pensieri e parole che spaziano dalla politica franchista alle moto Guzzi in un tentativo, riuscito, di cogliere la realtà senza filtri né artifici; eppure non è solo così, cioè, chi scrive non ha ravvisato soltanto una successione di quadri statici dove della gente parla di cose non particolarmente interessanti, se guardiamo il curriculum di Serra notiamo che una sua peculiarità artistica è sempre stata quella di smitizzare le saghe, le tradizioni, di perculare chiccosamente il sacro, lo ha fatto con Cervantes, con la Natività (Birdsong, 2008) e con due figure al confine tra la Storia e la fantasia come Casanova e Dracula (Story of My Death, 2013), ebbene tale procedimento, se vogliamo, si ripresenta anche in El Senyor ha fet en mi meravelles con un dettaglio da non scartare perché qui chi Serra desacralizza non è altro che se stesso e quindi il suo cinema, sicché abbandonati gli argentei bianchi e neri e le umide penombre, e smessi gli ingombranti abiti dell’hidalgo e del suo scudiero, quello che si realizza davanti a noi è un mettersi a nudo, una potatura di un credo registico che porta la proiezione all’osso, una contro-manifestazione di cinema che acquista più valore se inserita nel percorso di Serra, un percorso che nell’attuale panorama autoriale resta sempre una vetta.

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